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Wir alle sind Minderheit

Südostschweiz
20.05.19 - 04:30 Uhr
ARCHIV

Das Zusammenleben der Sprachen und Kulturen in Graubünden: Das ist das Thema der Kolumne «Convivenza», die wöchentlich in der «Südostschweiz» und der romanischen Tageszeitung «La Quotidiana» publiziert wird.

Von Claudio Losa*

Der Diskurs um Minderheiten erschöpft sich leider allzu häufig im Beklagen einer nachteilhaften Situation oder in schlichten Rechtfertigungsversuchen. Egal, ob die Vertreter der Minderheit oder die Sprecher der Mehrheit ihre Stimme erheben: Was man da hört, ist kein Dialog, es sind vielmehr zwei Monologe. Der eine kreist um Schuldzuweisungen, der andere ist geprägt von Überheblichkeit.

Auch in unserem Kanton gibt es Spannungen zwischen Mehrheit und Minderheiten. Die Diskriminierung der Sprachminderheiten äussert sich beispielsweise im Fehlen von italienischen Übersetzungen und in der Unterbesetzung des Italienischen innerhalb der Verwaltung.

In einer Minderheit zu sein, ist unbequem, beschränkt sich aber nicht auf bestimmte, klar isolierte Gruppen. Unsere Gesellschaft ist vielschichtig und komplex, und so kann jeder, selbst der «Bestintegrierte», unter gewissen Umständen zu einer mal mehr, mal weniger diskriminierten Gruppe gehören. Frauen, politische Aktivisten, Gläubige, Homosexuelle, Ausländer und Umweltschützer: je länger die Liste, desto höher die Wahrscheinlichkeit, sich darin wiederzufinden. Andersherum kann jeder Aussenseiter situationsbedingt zum Teil einer Mehrheit werden.

Da wir also alle zugleich Minderheit und Mehrheit sind, schlage ich vor, den Blick für die Situation zu schärfen und unsere Art der Interaktion zu überdenken. Von der Mehrheit sollten wir eine höhere Sensibilität gegenüber den Benachteiligten erwarten, von den Minderheiten eine grössere Bereitschaft zur Begegnung.

Natürlich ist es wichtig, dass diskriminierte Minderheitengruppen weiterhin für ihre Rechte kämpfen und Gleichstellung einfordern. Ich würde mir aber auch wünschen, dass sich das Bewusstsein entwickelt, dass es durchaus auch eine Stärke ist, zu einer Minderheit zu gehören. Wem alles gegeben ist, der muss nicht aufbrechen; wer die vorherrschende Sprache spricht, strengt sich nicht unbedingt an, die Sprache der anderen zu sprechen; wer nie Diskriminierung erfahren hat, kennt ihre schwerwiegende Wirkung nicht.

So wahr es ist, dass die Angehörigen von Minderheiten um die ihnen gesetzlich zustehenden Rechte kämpfen müssen, so wahr ist es auch, dass sie häufig eine besonders starke Sensibilität gegenüber ihren Mitmenschen entwickeln, eine Sensibilität, die jedem guttäte. Nur wenn die Mehrheit den Wert einer Untergruppe anerkennt und wenn die Minderheit angesichts ihrer Ausgrenzung nicht in Selbstmitleid verfällt, werden ein konstruktiver Dialog und damit ein Weg zu gegenseitigem Respekt möglich.

*Claudio Losa unterrichtet an der Bündner Kantonsschule Italienisch und ist Vorstandsmitglied der Pro Grigioni Italiano.

 

Siamo tutti minoranza

Di Claudio Losa*

Trovo un peccato che il discorso sulle minoranze si esaurisca spesso nella denuncia di una situazione di svantaggio o nel tentativo di una giustificazione. Sia quando ad alzare la voce sono i rappresentanti della minoranza, sia quando a farlo sono gli esponenti della maggioranza, più che a un dialogo assistiamo a due monologhi: uno incentrato sulle recriminazioni, l’altro intriso di sufficienza.

Anche nel nostro cantone le tensioni tra maggioranza e minoranze sono presenti. La discriminazione, nello specifico linguistica, è evidente per esempio nell’assenza di traduzioni in italiano o nella sottorappresentanza dell’italofonia in seno all’amministrazione.

Appartenere a una minoranza è scomodo, ma non è il privilegio esclusivo di gruppi realmente isolati. Se osserviamo attentamente le stratificazioni e la complessità della società, constatiamo che tutti, anche i più «integrati», possono, in date circostanze, fare parte di un gruppo più o meno emarginato. Dalle donne ai militanti politici, dai fedeli agli omosessuali, dagli stranieri agli ambientalisti: più allunghiamo la lista, più aumenta la possibilità di rientrare nell’una o nell’altra minoranza. Allo stesso modo chi appartiene a una minoranza può ritrovarsi, a dipendenza delle contingenze, a far parte di una maggioranza.

Per queste ragioni, mi piacerebbe sovvertire l’approccio al modo di concepire l’appartenenza a una minoranza, rispettivamente a una maggioranza. Visto che tutti facciamo sempre parte di una o più minoranze, e al contempo anche di una o più maggioranze, è necessario un ripensamento del nostro modo di interagire. In particolare, sono necessarie, da parte della maggioranza, una maggiore sensibilità nei confronti di chi è svantaggiato e, da parte delle minoranze, una maggiore disponibilità all’incontro.

Senza negare che le minoranze discriminate debbano continuare a fare valere i propri diritti e ad esigere la parificazione, auspicherei che si cristallizzasse la consapevolezza che appartenere a una minoranza è anche una forza. Chi trova tutto in casa sua, non è mai costretto a partire; chi parla la lingua prevalente, non si sforza di imparare quelle degli altri; chi non è mai stato discriminato, non comprende la gravità dell’esclusione.

Se è vero che gli appartententi alle minoranze devono lottare per ottenere dei diritti che spetterebbero loro per legge, è anche vero che essi sviluppano una sensibilità nei confronti del prossimo che arricchirebbe chiunque. A mio avviso solo quando la maggioranza riconoscerà la preziosità di ogni sottogruppo e solo quando la minoranza eviterà di compiacersi della sua marginalizzazione, sarà possibile un dialogo costruttivo tra le parti in causa e spianare la strada al rispetto reciproco.

*Claudio Losa insegna italiano presso la Scuola cantonale grigione ed è membro del Consiglio direttivo della Pro Grigioni Italiano.

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